diffamazione-email-cassazione-cialtroneIl diritto di critica trova un limite nel rispetto della dignità altrui e nella libertà di espressione delle proprie opinioni

E’ necessario stare attenti alle parole che si usano, soprattutto se si scrivono via email. D’altronde si sa, verba volant scripta manent, così, se si dà del cialtrone a qualcuno via email, si parla di diffamazione.

A deciderlo è stata la Suprema Corte di Cassazione, che ha rigettato completamente una sentenza del Giudice di Pace che aveva assolto, per insussistenza del fatto, un ascoltatore dal reato di diffamazione, ai danni del conduttore di una trasmissione radiofonica. Nello specifico, al presentatore, sono state inviate via email dei messaggi in cui veniva apostrofato come ‘cialtrone’ e ‘fascista’.

Se secondo il Giudice di Pace, l’imputato aveva solo esercitato il suo diritto di critica, pur con i mezzi radiofonici, la Cassazione ha ritenuto che quanto contenuto nelle email vada oltre il diritto di critica, in quanto si tratta di contumelie ed offese personali gratuite.

Infatti, secondo la legge il diritto di critica, che sia reale o putativo, vuole che vengano utilizzate espressioni rispettose, e non offese e attacchi personali che esulano anche dai contenuti e dal taglio della trasmissione condotta dalla parte offesa. Secondo i giudici “il libero esercizio del diritto di critica non può essere confuso con una indiscriminata ed arbitraria aggressione verbale, soprattutto allorquando lo stesso concetto possa essere espresso senza far ricorso ad epiteti indiscutibilmente offensivi”.

Di fatto i termini ‘cialtrone’ e ‘fascista’ vanno ad integrare il reato di diffamazione, ex art. 595 del codice penale.

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